Dalla città alla campagna, i fondi europei sono all’origine di un nuovo boom imprenditoriale. C’è chi abbandona la vita metropolitana, chi decide di reinvestire sulle proprietà dei nonni
di Rosario Di Raimondo – 20 febbraio 2014
Silvia Bendanti, 33 anni, nel 2008 ha lasciato il suo posto da maestra a tempo indeterminato per dedicarsi all’azienda agricola di famiglia, nel bolognese, dove oggi produce vino oltre a girare per i mercati della provincia con le sue bottiglie in edizione limitata, decorate a mano. Andrea Degli Esposti, invece, di anni ne ha solo 26 ma ha già ristrutturato una borgata settecentesca a Monghidoro dove, al posto della vecchia stalla del nonno, ha creato un agriturismo con tanto di maneggio, un allevamento di mucche, un castagneto e un negozio dove commercializza al dettaglio i prodotti della sua terra, dal miele alla carne biologica.
Sono soltanto due delle migliaia di storie di giovani che in Emilia-Romagna stanno decidendo di investire sull’agricoltura. Alcuni succedono alla guida dell’azienda dei genitori o s’inventano attività del tutto nuove. Altri, un migliaio negli ultimi dieci anni, cambiano radicalmente vita. Abbandonano la città, gli studi legali o gli uffici per andare a vivere — letteralmente — in campagna. Aiutati anche dai fondi per lo sviluppo rurale che l’Unione europea, attraverso i bandi della Regione, stanzia a favore di questi imprenditori.
Secondo la Coldiretti, gli under 40 a capo di un’azienda agricola sono oggi 5.504, a cui vanno sommati gli altri 17mila giovani che lavorano nel settore. Grazie al fondo per lo sviluppo rurale, il cui budget è fissato ogni 7 anni in accordo con l’Ue, quasi 2.500 neo imprenditori hanno beneficiato fino al 2013 di 230 milioni di euro (il 23% del miliardo di euro messo a disposizione in regione per l’intero settore). Proprio in questi giorni la Regione ha stanziato un’altra tranche da quasi un milione e mezzo di euro per 38 imprenditori, che mediamente riceveranno 40mila euro a testa.
I giovani in agricoltura corrono forte e mettono in campo tutta la loro inventiva. Non solo la falce, ma anche il blog. Si occupano di vini, frutta, alimenti biologici. Hanno contatti diretti con i consumatori, creano agriturismi, innovano e investono in attrezzature più moderne, sfruttano le potenzialità delle energie rinnovabili. Andrea, il 26enne che ha ristrutturato la borgata dei nonni, ha installato due impianti fotovoltaici e una caldaia che funziona con il legno di scarto, grazie alla quale riscalda casa sua, l’agriturismo e il locale dove vende i suoi prodotti.
Corrono così forte, questi imprenditori under 40, che «l’estensione delle loro aziende è mediamente più alta rispetto alle altre. È un dato significativo: la dimensione media di un’attività condotta da un giovane emilianoromagnolo è di 24 ettari, mentre lo stesso dato, su tutte le fasce d’età, è di 14», dice l’assessore regionale all’Agricoltura Tiberio Rabboni. Che adesso vuole affrontare un problema «grave» legato a questo mondo: «In montagna, sull’Appennino, abbiamo un calo drastico della superficie agricola. Questo perché fare agricoltura lì è durissima, le produzioni sono poche e il mercato non è in grado di remunerare i prodotti a sufficienza». Adesso vuole fare «una scommessa»: «Chiedere ad alcuni grandi marchi del settore alimentare italiano di commercializzare nei centri commerciali di tutta Italia quei prodotti che siano riconoscibili come fatti in montagna: biscotti, carni, formaggi, pasta. Per avere uno sbocco sul mercato a prezzi remunerativi, ripopolare ettari di terra abbandonati e affiancare i giovani che vogliono cimentarsi in questa impresa».
(da La Repubblica)